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Responsabilità formativa al tempo dell’intelligenza artificiale_Cornerstone International Italia

Responsabilità formativa al tempo dell’Intelligenza Artificiale

02/07/2025

Uno studio recente condotto dal MIT Media Lab, laboratorio di ricerca presso il Massachusetts Institute of Technology, apre uno squarcio profondo sulle implicazioni cognitive legate all’uso degli strumenti di intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT, nei processi di scrittura.

L’indagine, durata quattro mesi e pubblicata sul NeuroCognition & Technology Journal, evidenzia un dato tanto sorprendente quanto cruciale: l’utilizzo massivo dell’IA per attività di produzione testuale può generare una sensibile riduzione dell’impegno cognitivo e della connettività neurale, soprattutto in chi ne fa un uso passivo o sostitutivo.

La ricerca ha misurato l’attività cerebrale attraverso scansioni EEG ad alta risoluzione, mettendo in luce un calo marcato delle connessioni neurali nelle bande Alpha e Theta, responsabili rispettivamente del pensiero creativo e della memoria di lavoro. In pratica, più si ricorre a sistemi LLM[1] per automatizzare la scrittura, meno il cervello si attiva per elaborare, costruire, riflettere.

Sebbene i testi generati risultino più rapidi da produrre, con una riduzione del tempo del 60%, l’apparente efficienza ha un prezzo: perdita di originalità, uniformità dei contenuti e un progressivo disimpegno mentale. In particolare, i giovani sembrano essere più vulnerabili a questa forma di “estinzione dell’atto cognitivo”, rischiando di sviluppare una dipendenza da soluzioni rapide che indebolisce le capacità critiche e riflessive a lungo termine.

Tra progresso e competenza umana

Di fronte a queste evidenze, la questione non è demonizzare l’intelligenza artificiale, ma educare al suo uso consapevole. L’IA può rappresentare una straordinaria opportunità evolutiva, a patto che non diventi una scorciatoia mentale.

Qui prende forma una riflessione, frutto della mia esperienza personale e professionale: la vera complessità non è l’IA in sé, bensì la sua integrazione in un contesto socio-culturale che rischia di impoverirsi della fatica del “pensiero critico”. Le nuove generazioni corrono il pericolo di crescere senza attraversare l’esperienza costruttiva dell’impegno, senza sviluppare quella muscolatura interiore che nasce dal confronto, dall’errore, dal tempo lungo dell’analisi e della ponderazione.

Noi che proveniamo da una cultura del sacrificio generata dal desiderio, sappiamo che la vera crescita si costruisce attraverso lo sforzo intellettuale, l’ansia della ricerca del significato e la frustrazione del dubbio.

Siamo caduti più volte, e abbiamo imparato a rialzarci, a fermarci, a riflettere e, altresì, a confrontarci con i custodi del sapere e dell’esperienza. In quella lontana “modernità liquida” di Bauman, ho incontrato colleghi di studio e di lavoro di culture diverse, con i quali abbiamo elaborato ipotesi e soluzioni. Abbiamo conosciuto la bellezza irripetibile delle notti insonni, consumate tra pagine, tesi e progetti, inseguendo un perfezionismo testuale, mai abbastanza impeccabile per i nostri maestri, ma sempre unico e non omologato nella sua sintassi. Abbiamo imparato a nutrire con tenacia i nostri sogni, trasformando ogni ostacolo in un’opportunità verso la loro realizzazione.

Tuttavia, è in quel tempo lento, fatto di errori e intuizioni, che prende forma il ragionamento analitico, si ascolta la voce interiore e si sviluppa la capacità di discernimento.

Per questo sarà fondamentale coinvolgere chi oggi ricopre ruoli di responsabilità nei contesti organizzativi, professionali e formativi, affinché possa riconoscere e coltivare ciò che chiamo competenza umana[2]: la capacità di ascoltare con empatia, di generare pensiero creativo, di accogliere il dubbio senza la pretesa di risposte assolute, e di scegliere con consapevolezza.

Una competenza che nessuna macchina potrà mai replicare, perché affonda le sue radici nell’unicità della nostra natura umana.

Ora che il sapere è divenuto, rispetto al passato, sempre più accessibile, ciò che farà la differenza sarà la qualità della coscienza con cui decidiamo, guidiamo, e ispiriamo la società.

Diventa urgente, dunque, non solo educare all’uso tecnico dell’IA, ma accompagnare le persone – soprattutto i più giovani – a sviluppare un’etica del pensiero critico, una leadership consapevole, una responsabilità narrativa verso se stessi e verso il mondo, una pedagogia della rivoluzione digitale.

Può nascere, in questa direzione, una nuova alleanza tra innovazione e pensiero critico, tra progresso e competenza umana.
Perché senza il coraggio di esprimere il proprio pensiero, l’intelligenza artificiale resterà soltanto il riflesso sbiadito della nostra rinuncia.
E allora, il vero pericolo non sarà l’ascesa di strumenti intelligenti, ma il silenzioso spegnersi delle coscienze.


[1] LLM (Large Language Models) sono modelli linguistici di grandi dimensioni, progettati per comprendere, generare e interagire con il linguaggio naturale umano.
[2] Vinzi S., La competenza umana. Risonanze interiori del benessere, Bonanno, Catania 2024.

Simona Vinzi, Head of People Transformation | Associate Partner

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